Perché protestare per un tv che ci scegliamo noi ? 22 Gennaio 2003
" Gli Italiani non la guardano passivamente in
silenzio e concentrazione, ma attivamente (...) sempre
presente ma spesso ignorata ( ... ) « Sei una cretina
» è il grido che spesso le rivolgono ".
Queste frasi arrivano dal giornale inglese "
Financial Times ", rivolte dall'inviato Tobias
Jones alla televisione italiana in un articolo che ha
portato dietro di se uno strascico infinito di
polemiche.
Il giornalista accusa duramente la TV italiana, sia
pubblica che privata che ai suoi occhi, e non solo ai
suoi, sembrano fondersi in un unico grande "
pentolone " in cui versare i più svariati
ingredienti, conditi in abbondanza con pubblicità di
ogni genere.
Se la prende con la pubblicità televisiva, il
giornalista, che in Italia ha assunto il dominio del
mercato, e che costringe a continue pause e
telepromozioni nel corso dei programmi.
Sotto accusa finisce anche la cossiddetta " TV
delle -ine ": veline, letterine,
schedine,... . Una TV " soft-porno ", come la
definisce il giornalista, nella quale i presentatori
flirtano con la ballerina di turno.
Una TV che sembra tentare di staccarsi sempre di più
dalla realtà, e di allontanare l'attenzione da quello
che succede, per concentrarsi sul mondo artificiale che
viene a creare.
L'articolo ha fatto scoccare la scintilla delle
polemiche su un'argomento che di discussioni però se ne
porta dietro da tempo.
E così dopo che proprio ieri nella casella di posta
trovo il solito bollettino annuale per il rinnovo del
canone 2003, 97euro da versare alla RAI, " e se non
li verserà sarà perseguita a norma di legge ",
viene da pensare effettivamente se valga la pena di
pagare per il servizio che ci viene offerto.
Programmi sempre uguali, uguali in tutto il mondo,
uguali per anni. Perché se un programma fa successo
ecco che ci toccherà sorbircelo per almeno 8-10 anni.
Programmi che sembrano effettivamente indirizzati al
livello medio degli italiani, che secondo il nostro
presidente del consiglio sarebbe quello della seconda
media.
La risposta alle proteste per i programmi che
quotidianamente ci vengono propinati è sempre quella:
l'auditel.
L'auditel impera sovrano, ovvero i dati sugli ascolti
condizionano il tipo e la qualità dei programmi
trasmessi.
Dunque, se tanto protestiamo, se tanto ci lamentiamo
della tv italiana, perché continuiamo a seguirne
appassionatamente i suoi programmi.
Evidentemente la coerenza non è di casa in molti
italiani.
Un esempio per primo arriva da quella che è stato
citato come il nuovo volto " soft-porno "
della TV, con ballerine ammiccanti che lasciano ben poco
all'immaginazione.
Ebbene, in molti sembrano scandalizzarsi per questa
trasformazione della TV, tutti sembrano ripugnare questa
" mancanza di pudore ".
Ma effettivamente se fossimo scandalizzati da un
programma, continueremmo a guardarlo ? A rigor di logica
dovremmo rispondere no, e invece continuiamo.
Pochi giorni fa ho avuto la fortunata occasione di
parlare con un autore/presentatore di una trasmissione
di successo nella TV nazionale " La 7 ",
nonchè ex RAI e Mediaset, che tra una battuta e l'altra
ha ammesso che, guardando i dati dettagliati degli
ascolti della concorrenza balzano alla vista alcuni
picchi di ascolti su un canale.
Si va a controllare cosa era in programmazione in quel
momento e si scopre che si trattava di un quiz nel
quale, dietro al presentatore, faceva bella presenza la
parte superiore del corpo di una ballerina in abiti
alquanto ridotti.
Dunque, questa TV è così perché noi la guardiamo
così e la scegliamo così. Il giornale inglese scrive
che gli italiani guardano attivamente la televisione, ma
evidentemente altrettanto attivamente la accettano così
com'è.
Quali proteste servono, allora, se non cominciare a
cambiare i propri gusti televisivi, oppure rassegnarsi
ad avere una televisione così, o anche peggio, visto
che si sa da dove si parte ma non si sa mai a dove si
arriva.