Il
film in pole position per l’Oscar 2003 ( 13
nomination ) è un musical ambientato
nell’America degli anni ’20, tratto da un
celebre spettacolo teatrale del grande coreografo
e regista Bob Fosse. E la colpa principale di
questa versione cinematografica è proprio la
stretta dipendenza dall’opera per il
palcoscenico. La vicenda ( a dire il vero non
estremamente appassionante, ma nei musical non è
la trama quel che conta ) si snoda in un continuo
passaggio tra la realtà dei fatti, ambientati in
set realistici, e la loro trasposizione
“fantastica” in forma di numeri musical;
questa idea, che può apparire originale e
allettante, è in realtà in contraddizione con
tutto il musical pensato per il cinema ( non solo
quello classico, ma anche il recente Moulin Rouge
) perché scinde nettamente il momento
dell’azione ( di cui si tenta una resa
cinematografica ) e quello musicale, in cui
avviene una totale resa alla “teatralità”. I
movimenti rapidissimi, nervosi, della macchina da
presa e il montaggio frenetico cercano di dare ai
balletti un ritmo concitato ( e un po’ caotico )
per non risultare noiosi agli spettatori abituati
al dinamismo ( piuttosto vuoto ) di tanto cinema
americano di oggi. Ma la tensione cala proprio per
lo stacco troppo forte tra la vicenda “reale”e
il suo doppio “teatrale”. Una nota sugli
interpreti: convincente, divertente e divertito
Richard Gere; tra le donne la mora Zeta-Jones, con
una parte decisamente più limitata, surclassa la
protagonista, la bionda Reneè Zellweger, che oggi
va tanto di moda, ma francamente non ci sembra un
granchè.