Buongiorno,
notte 2003 - regista: Marco Bellocchio
Il film precedente di Bellocchio “L’ora di
religione” era un film importante ma incompiuto.
Stavolta con “Buongiorno, notte” il regista
piacentino riesce a coniugare un tema forte, un
fatto cruciale per la storia italiana sviscerato
con un’ottica personale e fantastica ma anche
con precisione saggistica, con una riuscita
filmica compiuta. Ci riesce soprattutto per una
riscoperta maturità registica che ci regala
almeno un paio di sequenze da antologia che
brillano in modo particolare in un film che
mantiene sempre un livello formale molto alto. La
pellicola procede con un andamento meditativo ( è
il clima claustrofobico della prigionia di Moro)che viene continuamente scosso e accelerato
da accensioni oniriche, sognanti, visionarie. Una
serie di sogni, di visioni popolano e conferiscono
linfa vitale al film: dalle allucinazioni funebri
dei brigatisti, in cui sfilano le memorie di Lenin
e le parate di Stalin al suono della marcia
trionfale di Aida a quell’ultima, aerea immagine
di Moro che se ne va libero per le vie dell’EUR
sulle leggere note di Schubert. Oltre a quelli del
sogno ci sono altri due percorsi che attraversano
il film: quello dell’immagine/immaginario
televisivo, che contrappunta tutto lo svolgimento
della vicenda, culminando nella grottesca parata
dei volti dei politici a quel funerale senza bara
a tragedia conclusa. L’altra linea ( anche
interpretativa ) è quella delle lettere: le
lettere di Moro, certo, ma anche le lettere dei
condannati a morte della Resistenza: un libro che
viaggia nel film ancora prima che lo si riconosca
chiaramente e del quale Bellocchio ci spiega la
presenza nel segmento più straordinario di
“Buongiorno, notte”: quello che pone un
parallelo, del tutto analogico, poetico, tra la
struggente lettera di Moro alla moglie e quelle
degli assassinati dai criminali nazi-fascisti. E
quando scorrono le immagini drammatiche di Paisà
sull’esplosione di “The great gig in the sky”
dei Pink Floyd il film vola veramente altissimo.
Per
contro il regista si poteva risparmiare il
passaggio della seduta spiritica, un momento da
“Ora di religione” semplicemente superfluo. E
sempre dal film precedente proviene la sequenza
dedicata a Paolo VI . Ottime le prestazioni degli
attori, in particolare Herlizka/Moro e la stupenda
Maya Sansa nella parte della brigatista in crisi.
Grande regia. Geniale la scelta delle musiche.